Il nuovo ordine linguistico mondiale: irrazionale e masochistico
Professor
Piron, come psicologo, che cosa pensa dell’ attuale ordine linguistico
mondiale?
Che esso
riflette caratteri negativi della società umana, come il suo masochismo, la sua
tendenza ad agire in modo non razionale, la forza della sua inerzia ed il
rifiuto a porsi di fronte alla realtà.
In che cosa
consiste il masochismo?
Dunque, la
nostra società ha scelto per comunicare una delle lingue meno adatte all’ uso
internazionale, l’ inglese. In realtà essa non l’ ha scelta veramente, ha
permesso che la forza d’ inerzia portasse a questa situazione, in cui l’ 8%
dell’ umanità senza merito riceve ogni privilegio da casta superiore, mentre il
restante 92% accetta con rassegnazione la posizione subalterna. Gli anglofoni
dalla nascita trovano normale che tutti gli altri si assumano il compito di
faticare per poter render possibile la comunicazione, mentre loro non devono
spendere nessuna energia a riguardo. Questo comportamento è tipico della casta
superiore, così come la non comprensione della difficoltà del compito che loro
si aspettano dagli altri. Non avendo sperimentato la necessità di imparare un’
altra lingua, la maggioranza degli anglofoni non sa quanto ciò sia faticoso.
E perché dice
che agiamo in modo non razionale?
In nome della
razionalizzazione le imprese non esitano a licenziare centinaia o migliaia di
dipendenti, ma il sistema linguistico usato ora internazionalmente è tutto
tranne che razionale. Il presidente della Nissan, Carlo Ghosn, poco tempo fa ha
detto: “L’ inglese è solo uno strumento per computer, un software”. Bene! La
lingua per molti aspetti è paragonabile ad un programma di computer. Ma quale
persona ragionevole, che ha la possibilità di scegliere tra un programma che non
ha ancora imparato completamente dopo sette anni, ed un altro programma in cui
si sente a suo agio dopo un anno (a parità di ore di studio settimanali) sceglie
il primo, se oltretutto la pratica gli insegna che quello imparato più in fretta
funziona anche meglio? Questa è la situazione se si confronta l’ inglese con l’
esperanto. Ho appena letto la lettera di un giovane che ha studiato l’ inglese
per sette anni, ha viaggiato negli Stati Uniti, ha passato un mese a S.
Francisco, quindi non è inesperto della lingua, eppure scrive: “I hardly
worked” (ho lavorato appena) per dire “ho lavorato duro” e “I will
eventually accept your suggestion” (alla fine accetterò la sua
proposta), credendo di dire “eventualmente accetterò la sua proposta”. Io ho
rapporti con molte persone in tutto il mondo, le quali hanno studiato esperanto
al massimo per un anno; leggo molti loro scritti e mai trovo gravi equivoci come
questi.
Dunque secondo
lei la società non vuole guardare in faccia la realtà.
La gente non
accetta di impegnare un po’ di energia mentale, un pò di attenzione, alla
domanda: “Qual’ è l’ interesse della maggioranza nel campo della
intercomprensione linguistica mondiale?” Essa elude la domanda dicendo “Tutto
funziona bene grazie all’ inglese”. Ciò non è vero. Il sistema attuale crea
molte vittime. Anche sotto questo aspetto la società non ha il coraggio di
guardare in faccia la reale situazione. Non ha nessuna compassione per quelli
che soffrono per lo squilibrio linguistico; e sono molti! Un lavoratore
straniero trattato ingiustamente dalla polizia, perché non riesce a farsi
capire; il capo di una media impresa, che perde un contratto con una ditta
straniera, perché la sua conoscenza dell’ inglese non è adatta per trattative
delicate; un turista con un terribile dolore al ventre, che non sa spiegare i
suoi sintomi al medico brasiliano o tailandese; un rifugiato che soffre per la
terribile solitudine, perché nessuno intorno a lui parla il suo dialetto ecc. La
società invece di vedere questi individui come vittime, li vede come colpevoli:
“Se non son capaci di farsi capire, è colpa loro; devono solo studiare le
lingue”. Come se ciò fosse così facile per la maggioranza degli uomini! Tra le
vittime del nostro assurdo sistema si possono annoverare anche milioni e milioni
di giovani di tutto il mondo, che una settimana dopo l’ altra per molti anni
sforzano la loro mente faticando per conquistare l’ inglese e, scoraggiati,
constatano che esso è più forte di loro. La mente trema quando si pensa a questo
enorme investimento di energia nervosa e mentale con così pochi risultati. E’
ancora più assurdo, poiché i fattori che rendono l’ inglese così difficile, non
hanno nessuna relazione con la necessità di comunicazione, ma sono solo capricci
degli antenati degli attuali inglesi.
Non è lo stesso
anche per tutte le lingue?
In un certo
senso sì, ma ciò non significa che non si debba cercare una soluzione ottimale.
Tuttavia l’inglese costituisce una caso particolare. Pensate alla lettera “a”.
Solo nei Paesi anglofoni non si pronuncia semplicemente e costantemente /a/, ma
“ej” (case), qualcosa tra /a/ ed /e/ (bad), qualcosa come /a/ (father),
qualcosa come /o/ (hall). E’ lo stesso per tutti gli aspetti della lingua.
Consideriamo il lessico. La fatica è doppia per ricordare tooth e
dentist in inglese a paragone con parole analoghe nelle altre lingue, in
cui una deriva dall’ altra (in italiano denti-dentista). In esperanto non c’ è
neanche bisogno di cercare la parola sul vocabolario. Dopo aver imparato che il
professionista si indica con il suffisso “isto”, voi stessi potete formare
dentisto da dento, così come programisto (programmatore) da
programi (programmare), parolisto (annunciatore) da paroli
(parlare) ecc.
Come fa a
ridurre il problema al rifiuto di guardare in faccia la realtà?
Se volete
conoscere la verità, fate un confronto. Per conoscere l’ efficacia di un nuovo
medicamento, lo si paragona nella pratica con medicamenti conosciuti o con un
placebo. E’ molto facile paragonare il livello di capacità di comunicare e di
esprimersi fra persone che hanno imparato l’ inglese da una parte e persone che
hanno imparato l’ esperanto dall’ altra. Si costringono milioni di persone a
studiare l’ inglese e non ci si domanda nemmeno se esso è uno strumento di
comunicazione valido su scala mondiale. Si evita di fare il paragone con l’
esperanto nella pratica. Molti politici, intellettuali ed altre persone
importanti esprimono la propria disistima verso l’ esperanto, ma nessuno di loro
basa i suoi commenti sull’ effettiva analisi della lingua. Voi giudicate un
ristorante, in cui non avete mai mangiato o un’ auto che non avete mai guidato?
Ma i commenti negativi sull’ esperanto non si fondano mai sulla conoscenza della
lingua come è usata (in un congresso mondiale, studiando serie di riviste,
analizzando testi o conversazioni registrate); essi evitano ogni paragone con i
sistemi ai quali bisogna ricorrere, se si elimina l’ esperanto (uso dell’
inglese, traduzione simultanea, linguaggio gestuale ecc).
Noto una certa
indignazione nel tono della sua voce.
Certamente mi
indigno. Questo modo di procedere è del tutto contrario ai principi dell’
obiettività normalmente applicata nella legge, nella scienza, nella democrazia!
Se i giudici condannano l’ accusato senza raccogliere prove e senza esaminarle,
ciò è normale? Per timore di affrontare la verità la società invece non propone
soluzioni ai problemi dovuti alle differenze di lingua. Essa dà ad una piccola
frazione di abitanti del mondo un considerevole vantaggio, di cui essa si priva;
tale vantaggio riguarda non solo i popoli anglofoni, ma anche chi può
permettersi di inviare i figli all’ università in Gran Bretagna, negli Stati
Uniti o in Australia.
Non le sembra
comunque che la gente sia piuttosto facilona quando parla di lingue?
Certo, un’altra
cosa che la società si rifiuta di guardare realisticamente è la difficoltà delle
lingue. Se raccogliete la pubblicità sullo studio delle lingue, trovate lo
stesso messaggio: “Impara l’ inglese in tre mesi” “Il russo in 90 lezioni” “Il
francese senza fatica”. Messaggio ingannevole. In Europa, mediamente, dopo sei
anni di studio solo un giovane su cento è capace di usare correttamente la
lingua studiata. In Asia la proporzione è 1:1000, ma nessun ministro della
pubblica istruzione ha il coraggio di affermare che le nostre lingue sono troppo
difficili da imparare completamente nei corsi scolastici; le lingue sono
paragonabili a programmazioni di computer con milioni di programmi e
sottoprogrammi, che si contraddicono. Il giovane che ha creduto che hardly
significasse “duramente “, non sapeva che il programma normale “per formare
l’avverbio aggiungi –ly all’aggettivo” deve in questo caso particolare
richiamare il sottoprogramma "ciò non vale per hard; hardly significa appena,
scarsamente” Ma creare ogni volta questi sottoprogrammi è un compito arduo per
il cervello, perché se non sono installati nella mente come riflessi, non si
riesce a parlare fluidamente.
Allora lei è
contrario allo studio delle lingue a scuola?
Nient’ affatto.
Sono contro l’ illusione che l’ inglese risolva il problema della lingua nel
mondo e che esso, come mezzo di comunicazione, si possa imparare a scuola.
Propongo che si raccomandi ai cittadini di imparare l’ esperanto, perché possano
relativamente in fretta disporre di un metodo piacevole per comprendersi con i
parlanti di altre lingue e che nelle scuole si studino le lingue non come
strumenti di comunicazione, ma come arricchimento culturale, come strada per
comprendere altri popoli. E’ assurdo che nel mondo ora il 90% degli studenti
delle scuole superiori spendano tante energie per imparare l’ inglese ed
ignorino tutte le altre culture cui si possono accostare attraverso corsi di
lingue. E’ ancora più assurdo perché, dopo questa fatica, la maggioranza non è
in condizioni di comunicare realmente e paritariamente su scala mondiale.
Se lei ha
ragione, perché pochi la pensano come lei?
Perché molti
fattori emozionali, nella parte inconscia della psiche, confondono il problema e
creano timori irrazionali. La lingua è legata nella mente al sentimento di
identità. Gli uomini non vedono che con una lingua che non appartiene ad alcun
popolo, come l’esperanto, proteggono meglio la propria identità che con una
lingua, come l’inglese, che porta con sé, in modo sottile, invisibile, tutto un
modo di pensare, di richiami della mente, di miti che non concordano con i modi
di pensare tradizionali del continente europeo o asiatico. Inoltre , ma ciò
allungherebbe troppo il discorso, vi sono dei fattori politici Si veda Robert
Philipson in “Linguistic imperialism” (Oxford University Press) o Charles
Durand in ”La mise en place des monopoles du savoir» (L’ Harmattan-Paris)
secondo i quali esiste tutta una politica speciale dei Paesi anglofoni per far
accettare l’ inglese come seconda lingua per tutti ricavandone vantaggi
politici ed economici. La nazione più ricca del mondo sostiene con tutta la sua
potenza questa politica e ne trae profitto accogliendo centinaia di migliaia di
studenti di ogni paese che si recano negli S.U. per imparare la lingua e
mandando migliaia di insegnanti a far lezione a òigliaia di giovani a cui
trasmettono in modo sottile il loro modo di pensare. Sul Bangkok Post di tempo
fa Sirikul Bunnag ha scritto : “La Tailandia e tutta l’Asia hanno ottime
università ma i migliori studenti vengono costantemente risucchiati dai paesi
anglofoni. L’altro anno 547.867 giovani tailandesi hanno studiato nei soli S.U.”
Secondo lei c’è
la possibilità che tale situazione possa cambiare?
Forse la
situazione dell’ Unione Europea, con l’ acquisizione di nuovi membri e quindi di
nuove lingue, imporrà un esame approfondito del problema totale, ma forse
mancherà il coraggio di porsi le domande fondamentali. Non so. Spero.
Generalmente alla fine vince il sistema migliore anche se deve superare molti
ostacoli. I numeri arabi hanno impiegato quattro secoli a soppiantare quelli
romani, che erano più complicati e meno democratici ( i bambini e i contadini
non riuscivano a fare le operazioni più elementari, ci volevano i matematici!)..
Il sistema metrico decimale fu inventato da un monaco nel 1660 ed ancora oggi
non è accettato da tutti ( proprio gli Stati Uniti usano ancora un sistema di
misura arcaico). Purtroppo gli uomini sono molto conservatori. Cambiare
l’ordine (o meglio il disordine) linguistico attuale richiede un cambiamento del
modo di pensare e questo cambiamento è un “atto psicologicamente costoso”
come ha detto Janet.. Inoltre il masochismo di fondo dell’umanità , insieme alla
spinta di coloro che sono o si credono superiori a fare qualunque cosa per non
perdere il proprio vantaggio, agisce in modo che le persone rifiutino di
cercare alternative, che faciliterebbero la vita di milioni di uomini e
metterebbero più giustizia nel mondo. Tuttavia io spero che ci siano abbastanza
persone intellettualmente oneste da capire che l’ idea che non c’è niente da
fare può essere errata e va messa alla prova ed anche che rifiutare l’
esperanto senza neanche aprirne il dossier è troppo assurdo per essere
accettato. In altri campi questa si chiamerebbe discriminazione e i responsabili
verrebbero puniti severamente. La nostra società non è ancora abbastanza matura
per capirlo ?
Giorgio Bronzetti Disvastigo,
agenzia specializzata sui problemi della comunicazione
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