Troppo faciloni con le lingue
Sono tutti portati a minimizzare i
problemi di lingua. La maggior parte degli intellettuali, politici, linguisti,
giornalisti ed altre persone impegnate nella società non dà importanza alla
gravità di due fatti molto seri: l’handicap linguistico - cioè il fatto di chi non conosce
perfettamente una lingua e si trova
in una situazione di inferiorità rispetto a chi la usa come lingua madre
- è
considerato raramente con l’attenzione che meriterebbe. "Basta che uno se la
cavi" si dice di solito , ma se ci si trova di fronte a un delicato affare
commerciale, o una trattativa politica o si deve chiarire a un dottore cosa ti
fa male, o rispondere a un poliziotto che ti trascina con la forza non si sa
dove e non sai neanche perché, non basta soltanto "cavarsela".
E’ interessante quanto ha scritto Ali Agouli, delegato del Marocco in una
conferenza internazionale svoltasi all’Aia: "La cosa principale dovrebbe
essere quella di mettere tutti sullo stesso piano dal punto di vista della
lingua. I dibattiti richiedono attenzione su dettagli sottili e soltanto gli
inglesi di nascita riescono a destreggiarsi con efficacia". E cosa pensate di
questa notizia di agenzia: "Ospedale tedesco nega il trapianto a una turca
perché non conosce il tedesco. Secondo questo nosocomio il 50% dei pazienti che
non hanno una conoscenza sufficiente di tale lingua sono deceduti dopo
l’operazione perché non capivano le istruzioni e le raccomandazioni del
medico o del personale infermieristico" ?
Si presentano le lingue come se fossero enormemente più facili di quanto
non siano nella realtà. Ci vogliono al minimo 10.000 ore di studio e pratica
per raggiungere un livello di piena conoscenza in lingue come il francese,
l’inglese, il tedesco o lo spagnolo (cioè per raggiungere la parità con i
relativi parlanti). Chi non lo crede osservi come parlano i bambini inglesi di
6-7 anni. Dopo più di 10.000 ore di "full immersion" dicono ancora
"foots" invece di "feet", "he comed" invece di "he came",
"it’s mines" invece di "it’s mine" ecc. Questi errori non sono
dovuti a immaturità intellettiva ma, al contrario, sono più logici della lingua ufficiale. Tuttavia, alla
prima lingua straniera si dedicano solo tra 800 e 1200 ore secondo il paese. In
Francia tra gli studenti che si diplomano solo 1 su 100 è in grado di usare decentemente la lingua studiata. La maggior parte dei
ministri, politici e altri uomini influenti non si rende conto del fatto che
imparare una lingua significa imprimere nel cervello centinaia di migliaia di
riflessi che contrastano con i riflessi imparati prima. Si è imparato di
aggiungere per riflesso “s” al nome per indicare il plurale ma questo
riflesso va bloccato per installare un nuovo riflesso condizionato con parole come "woman", "sheep" e "child" che al
plurale fanno "women", "sheep" e "children". Le frequenti richieste
di aumento delle ore di studio o di cambiamento dei metodi d’insegnamento
stanno a dimostrare soltanto l’incapacità di affrontare il fatto che le lingue sono enormemente difficili. Vi è una grande differenza tra ciò che si sa e ciò che si immagina di sapere. In un sondaggio
il 20% dei francesi interpellati hanno dichiarato di possedere perfettamente
l’inglese, ma ad un esame del loro livello di conoscenza è risultato che solo
il 3% era in grado di capire il testo (non parliamo di conoscenza attiva) del
tutto ordinario che era stato loro presentato. Sarebbe ora che una visione più
coraggiosa della realtà prendesse il posto dei bei paroloni nelle discussioni
ad alto livello nel campo linguistico.
(Libera traduzione di Giorgio Bronzetti)
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